Le telecamere non più solo come strumento di deterrenza ma come sensori di campo per raccogliere dati utili a diverse finalità

di Angelo Carpani - libero professionista iscritto nell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Como n.2368 sez.A e docente per securindex formazione

In ambito comunale, gli impianti di videosorveglianza stanno evolvendo da semplici strumenti di deterrenza a sistemi di monitoraggio multifunzionali, sfruttando le telecamere come sensori di campo per raccogliere dati utili a diverse finalità. Questa trasformazione permette di ampliare le funzioni del sistema oltre la mera videosorveglianza, aprendo a scenari di gestione del territorio più ampi e integrati.

In ambito comunale gli impianti di videosorveglianza vengono realizzati per due finalità:

-    per finalità di sicurezza urbana (art.4 della L. 48/2017): è una competenza sia dello Stato che degli Enti Locali, con un ruolo fondamentale dei Comuni. I Comuni, attraverso i sindaci, hanno poteri volti a prevenire e rimuovere pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana, potendo anche emanare ordinanze contingibili e urgenti;

-    per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, di competenza però del Ministero dell’Interno al quale è attribuita tale responsabilità e, come tale, è autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza. In pratica, si tratta di prevenire e reprimere azioni che possano turbare l'ordine pubblico, minacciare l'incolumità dei cittadini o mettere in pericolo beni e istituzioni, sia a livello locale che nazionale. Per poter installare impianti di videosorveglianza con tali finalità, i Comuni devono prima sottoscrivere i cosiddetti “Patti per l’attuazione della sicurezza urbana” (ai sensi dell’art.5 del decreto legge n.14/2017, convertito con modificazioni dalla legge 19 aprile 2017, n.48) con le Prefetture territorialmente competenti e altre istituzioni. I Patti per l'attuazione spesso prevedono l'erogazione di fondi per l'installazione di telecamere e altri sistemi di videosorveglianza.

Finalità, queste ultime, che costituiscono la base giuridica che legittima i Comuni a realizzare questo tipo di impianti.

L’evoluzione a cui stiamo assistendo in ambito comunale in questi anni è che le telecamere, grazie all'avanzamento tecnologico, non si limitano più a registrare eventi, ma diventano "sensori di campo" capaci di rilevare, analizzare e rispondere a una varietà di situazioni, andando oltre la semplice funzione di deterrente. 

Ecco alcuni esempi di come la videosorveglianza sta cambiando:

• Gestione del traffico
Le telecamere possono essere utilizzate per monitorare il flusso del traffico, fornendo dati in tempo reale per la gestione della viabilità.

• Monitoraggio ambientale
Alcune telecamere sono dotate di sensori ambientali che possono rilevare incendi, fumo e altri eventi che richiedono un intervento urgente. Personalmente ho seguito il progetto e lo sviluppo di un impianto di videosorveglianza per il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano per il monitoraggio di alcune specie animali (es. nidi di falco pescatore, foca monaca, ecc.) e di aree protette.

• Gestione delle Emergenze
La videosorveglianza può essere utilizzata per monitorare eventi meteorologici estremi, come inondazioni o incendi, e per coordinare gli interventi di soccorso. 

• Efficienza Operativa
La videosorveglianza può fornire dati utili per la gestione della mobilità, dei parcheggi, e per l'ottimizzazione dei servizi urbani.
 
• Integrazione con altre tecnologie
La videosorveglianza può essere integrata con altri sistemi smart, come sensori ambientali o sistemi di gestione del traffico, per creare un ecosistema urbano più intelligente e reattivo.

In sintesi, la videosorveglianza si sta trasformando in un sistema di monitoraggio intelligente e proattivo, in grado di fornire informazioni preziose per la sicurezza, la gestione degli spazi e la prevenzione di eventi indesiderati. La videosorveglianza è sempre di più una componente chiave per la sicurezza nelle cosiddette “smart city”.
La rapida evoluzione tecnologica può aiutare davvero a creare città più sicure, efficienti e vivibili, ma solleva anche questioni sulla privacy che oggi richiedono di essere affrontate con un adeguamento della normativa che oggi purtroppo incontra molte rigidità. Quello della tutela della Privacy è un tema molto serio ma in Europa il rischio è quello di soffermarsi troppo a discutere solo di etica e limiti, mentre il resto del mondo accelera. 

Nella mia esperienza professionale, prettamente tecnica, ho incontrato molte difficoltà con chi si occupa di Privacy nell’utilizzo dei dati provenienti da telecamere di lettura targhe, anche quando vengono criptati/anonimizzati, per fare delle statistiche sul traffico che possono essere utili per disciplinare la viabilità in un Comune.
A volte si mette in discussione la base giuridica in base al quale devono essere trattati questi dati, come se il tema della viabilità non fosse di competenza dei Comuni. E’ noto ad esempio che il Piano Urbano del Traffico (PUT), di competenza comunale, è uno strumento di pianificazione della mobilità che mira a migliorare la circolazione stradale, la sicurezza, e a ridurre l'impatto ambientale del traffico. In pratica, è un insieme di misure e interventi volti a ottimizzare la gestione della circolazione veicolare e pedonale all'interno del territorio comunale. 

A questo scopo, l’utilizzo dei dati provenienti dalle telecamere di lettura targhe (ripeto, anche criptate/anonimizzate), è molto utile in quanto consente di conoscere la tipologia di veicoli (camion, auto, moto, ecc.) che transitano sul territorio comunale e i flussi di traffico origine-destinazione che sono fondamentali per la pianificazione del traffico, la gestione della mobilità urbana e l'ottimizzazione dei trasporti. Sulla base di questi dati i Sindaci possono ad es. emettere delle ordinanze per vietare il transito di mezzi pesanti o il trasporto di merci pericolose in determinati punti del territorio comunale, evitando i centri abitati, il passaggio davanti alle scuole, ecc.; un Comune, sulla base dei dati raccolti, può decidere di realizzare una nuova strada (es. tangenziale) per deviare il traffico (sarebbe utile all’uopo saper distinguere il traffico locale da quello proveniente dall’esterno).

A volte chi si occupa di privacy entra addirittura in dettagli tecnici prescrivendo quale tipologia di telecamera deve essere adottata per il rilevamento di abbandono dei rifiuti, ad es. le c.d. fototrappole anziché normali telecamere di videosorveglianza, invocando il cosiddetto “principio di minimizzazione dei dati” raccolti, quando questi ultimi sono diventati il tesoro più prezioso, utili per l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale.

Quali aziende europee e italiane sono disposte ad investire nelle nuove tecnologie, quando il legislatore impone vincoli eccessivamente stringenti e si moltiplicano i freni?

Occorre da parte di tutti una nuova consapevolezza e uscire dalla logica di cui siamo prigionieri, è cioè che la telecamera non serve solo per “fare la caccia al ladro” ma è un “sensore di campo” capace di fornire una serie di informazioni utili per chi deve programmare degli investimenti e gestire un territorio, raccogliendo dati e informazioni senza violare la privacy delle persone.

 

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