Servizi fiduciari, se la paga troppo bassa è incostituzionale

Editoriale di essecome online 2/2023

Prima di Pasqua, un giudice del lavoro di Milano ha condannato una società di vigilanza a risarcire la differenza tra la paga percepita da un’operatrice del portierato di 3,96 euro all’ora prevista dal CCNL della vigilanza, e la “soglia di povertà” indicata dall’ISTAT in euro 840 mensili, per un totale di 6.700 euro per coprire l’intero periodo di lavoro con quella retribuzione. La sentenza di primo grado richiama il dettato costituzionale dell’art. 36 che recita «il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa».

Ci voleva la magistratura per far scoppiare il bubbone di una situazione apparsa indecente fin da quando è stato siglato nel 2013 il CCNL (peraltro scaduto nel 2016 e mai più rinnovato) che ha introdotto il famigerato “livello F” per far emergere dall’illegalità i servizi fiduciari, di portierato o come li si voglia chiamare.
La definizione di un salario che già dieci anni fa veniva considerato da fame era allora sembrata l’unica via per non far buttare sul lastrico decine di migliaia di persone che lavoravano senza contratto, senza tutele e senza qualifiche.
Di fatto, è stata una normalizzazione al ribasso confidando che, a partire da quel passaggio azzardato, la committenza si sarebbe resa disponibile a riconoscere poco per volta tariffe che consentissero ai fornitori di pagare meglio i propri dipendenti, allineandoli alle altre categorie di lavoratori.
Naturalmente, in mancanza di qualsiasi norma che qualificasse queste attività e imponesse ai committenti tariffe minime, nulla di tutto ciò è successo da allora ad oggi con il risultato che la forza della domanda ha schiacciato la debolezza dell’offerta e le tariffe in vigore adesso sono, nella migliore delle ipotesi, le stesse del 2013 mentre il costo della vita è aumentato di almeno il 20%.

Adesso cosa potrebbe succedere?
Se la sentenza pasquale di Milano venisse confermata nei gradi successivi, tutti i lavoratori che hanno finora percepito salari incostituzionali si metterebbero in fila davanti agli uffici dei propri datori di lavoro per farsi dare gli arretrati, mandando di sicuro in default la stragrande maggioranza delle imprese del settore (e non solo).
Inoltre, le retribuzioni correnti dovrebbero venire ricalcolate da quel momento, con un impatto sul prezzo orario insostenibile per moltissima committenza ed il prevedibile risultato finale di un drastico ridimensionamento dell’intero comparto.

A livello di sistema, dovrà intervenire in qualche modo il governo inventandosi provvedimenti idonei ad evitare un cataclisma che potrebbe riguardare anche altre categorie, visto che il “salario minimo” non è nelle sue corde.
A livello di imprese, chi ha ancora la possibilità di farlo cercherà altre forme di business, magari con più tecnologia e valore aggiunto superando la mera rivendita di lavoro altrui.
A livello di lavoratori, chi resterà nel settore dovrebbe ricevere stipendi più decenti, chi ne uscirà dovrà essere abile e fortunato a cogliere le occasioni della virale mancanza di manodopera per ricollocarsi in altri settori.
A livello di utilizzatori, infine, dovranno imparare a spendere di più e meglio ricordandosi sempre che l’espressione del viso del portiere o del doorman è la prima cosa che vede il cliente quando entra in una portineria o in un negozio.

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