Vigilanza, a chi giova il rinnovo del Protocollo “Mille occhi sulle città”

Il Ministero dell’Interno avanza formale istanza alle associazioni di categoria della vigilanza privata e all’ANCI per procedere al rinnovo del Protocollo Mille Occhi sulle Città. Il Protocollo formalizza la possibilità di collaborazione tra gli istituti di vigilanza e le Forze dell’Ordine per la segnalazione a queste ultime di fatti di ordine pubblico rilevati durante il normale servizio svolto dalle guardie giurate impegnate sul territorio.

Marco Stratta, Segretario Generale di ANIVP, commenta la richiesta del Ministero e presenta una proposta:

“Il Protocollo, noto purtroppo solamente agli addetti del settore, è un tema che ci è invece caro perché il nostro Presidente, l’avv. Claudio Moro, è il suo padre "putativo", avendolo teorizzato alla fine degli anni '90 e poi affinato e sostenuto fino al 2010, quando l’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni ha avuto il coraggio e, in parte, la necessità politica di dare formale spazio ad una intesa privatistica tra le Forze dell’Ordine e gli operatori di quella che era ormai divenuta l'espressione della "sicurezza sussidiaria" o "sicurezza complementare".
Il Protocollo, della durata di 3 anni, è stato rinnovato nel 2013 con il Ministro Angelino Alfano ed ha, col tempo, visto aumentare il numero di Comuni aderenti nonché migliorare, anche tecnicamente, la collaborazione tra le parti interessate. Ma, come tutti i rapporti, per proseguire bene è necessario che trovino nuovi equilibri, riferimenti e stimoli e noi ci stiamo ora interrogando proprio su questo.
Se, infatti, nel 2010 la firma del Protocollo rappresentava per il settore l’asseverazione delle nuove funzioni riconosciute al comparto dall’appena conclusa riforma normativa (Titolo IV del Tulps e suo regolamento; DM 269/2010); se nel 2013 ha rappresentato l’atto di conferma e stabilità di tutto questo; nel 2020 ci domandiamo cosa possa in realtà rappresentare e, soprattutto, cui prodest? (a chi giova?).
Potremmo passare per inguaribili pessimisti ma, ad oggi, i rapporti con il dicastero dell’Interno vedono le aziende di vigilanza in balia di tutti gli infausti elementi della "natura", dai rischi e responsabilità connessi alla loro qualificazione privatistica (gli "istituti di vigilanza privata" sono aziende, private appunto, esposte alle normali regole del mercato, Covid compresa), fino alle schizofrenie metagiuridiche e metapolitiche della burocrazia e dei burocrati di palazzo.
La nostra categoria, formata da società di vigilanza e dai professionisti della sicurezza che vi lavorano (perché tali sono ormai le gpg), non ha avuto nemmeno l’onore di essere annoverata tra gli #eroisalvatoridellapatria che i media nazionali hanno voluto battezzare in questi mesi di pandemia.
Sia ben chiaro, non vogliano togliere il merito ed il plauso a nessuno, ma vorremmo anche il nostro: cioè quello di un settore che è stato chiamato a continuare l'erogazione dei suoi servizi malgrado tutto e malgrado tutti, garantendo sicurezza negli ospedali, nei supermercati, nelle aziende chiuse … e lo ha fatto anche molto bene!
Dobbiamo però constatare che, ad oggi, nessun segnale perviene dalla fredda e impenetrabile "macchina dello Stato".
Tralasciando la gloria, oggi aspettiamo:

• semplificazione nelle procedure di decretazione del personale di vigilanza;

• albo nazionale delle gpg;

• supporto nel recepire i contenuti di norme di qualità volontaria (ma per noi obbligatorie) che, per miracolo europeo, vengono alleggerite nel loro carico tecnico (vedasi EN 50518:2019);

• "parametri oggettivi di verifica" richiamati dall’art. 257-quinquies del Regolamento per l’esecuzione del Tulps; quei parametri che, per la cronaca (rectius storia), avrebbero dovuto rubricare tutti i costi indotti gravanti su una impresa di vigilanza e definirne una soglia invalicabile.

Tutto è invece fermo.
Però, non senza polemica, constatiamo che il decreto sulla formazione delle guardie giurate (quello ex art. 138 Tulps), deve assolutamente salvaguardare i volontari in forma breve delle Forze Armate, anche se questo può comportare il rischio di compromettere irrimediabilmente la possibilità di operare delle aziende di vigilanza privata a beneficio di soggetti che, crediamo, vorranno far tutto nella vita ma non passare 8 ore su un furgone trasporto valori, o di notte a correre su un allarme.
Ed oggi è il momento del rinnovo, ad oltre 6 anni dall’ultima scadenza, del Protocollo Mille Occhi sulle Città.
Ripetiamo quindi la domanda: cui prodest?
Non alle associazioni, che non riscontrano alcun beneficio politico o di merito dalla firma del Protocollo; non agli istituti di vigilanza che, aderendo, trovano solo un aggravio di incombenze procedurali e tecniche; non alle guardie giurate che, responsabilizzate su circostanze estranee al servizio, rischiano di non gestire nemmeno gli eventi gravi di loro pertinenza.
Pertanto il nostro cui prodest? ha una sola e scontata risposta.
Ma, per non rimanere soggetti passivi, e per doveroso rispetto alla storia delle nostre iniziative e del nostro Presidente, ci facciamo formalmente promotori di un'iniziativa di rilancio di questo Protocollo "Mille Occhi sulle Città".
Chiediamo al Ministero dell’Interno, unico vero beneficiario di questo protocollo, di assegnare a tutti gli istituti di vigilanza che aderiranno un riconoscimento ufficiale, un'attestazione di qualità così formulata:

ADERENTE AL PROTOCOLLO MILLE OCCHI SULLE CITTÀ
PARTNER PRIVATO DELLE FORZE DELL’ORDINE NEL CONTROLLO DEL TERRITORIO

In un Paese che oggi conta mille difficoltà e con mille che devono ancora arrivare, abdichiamo al ruolo sociale che ci meriteremmo e ci accontenteremo di un gagliardetto da appendere sul petto, quali parti firmatarie del Protocollo Mille Occhi sulle Città.”

Clicca qui sotto per leggere la nota inviata al Ministero dell'interno da Federsicurezza - ANIVP - UNIV:

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