E se usassimo GPG e operatori SAS come percettori della violenza di genere?

editoriale di essecome online 7/2023

L’anno che sta per chiudersi offre diversi spunti di riflessione ma per questa volta evitiamo il consueto bilancio sugli inarrestabili progressi della tecnologia o sull’andamento economico del comparto, per soffermarci invece sugli avvenimenti che hanno letteralmente incendiato il settore dei servizi di sicurezza.

Come stiamo dicendo fin dall’inizio dell’incendio (leggi) il danno più grave delle inchieste della Procura di Milano lo ha subito la reputazione del settore e ancor più dei lavoratori, usciti mazziati dai titoli di stampa dopo essere stati cornuti dai loro sindacati, tanto compiacenti nei confronti di datori accecati da sottoscrivere contratti collettivi vergognosi e contro la Costituzione.

Per non farsi mancare nulla, in questo momento ci sono aziende costrette dai commissari ad aumentare subito i salari del 20% mentre furbastri, che non si capisce come abbiano evitato il commissariamento, cercano di allungare i tempi dell’adeguamento del ccnl della vergogna per accaparrarsi i clienti che non accettano di aumentare le tariffe. Ma che squallore!

Servirà probabilmente tutto il 2024 perché il mercato si assesti e possa riprendere slancio, grazie anche all’entrata in vigore delle norme UNI che qualificano i servizi ausiliari, una novità che potrà imprimere una svolta all’intera filiera, se opportunamente interpretata e correttamente applicata.

Passiamo ad un argomento diverso, drammatico: la sequenza inarrestabile di femminicidi che scuote l’opinione pubblica, per porre una domanda a chi occupa di sicurezza per professione: davvero non possiamo fare nulla per impedire questi assurdi atti di violenza?

È vero che le cause sono culturali, che la violenza si scatena più spesso in casa oppure che è improvvisa, quindi senza possibilità di intervenire dall’esterno. Ma è anche vero che in molti casi ci sono segnali premonitori che la potenziale vittima o le persone a lei vicine possono intercettare e cercare di far arrivare alle forze dell’ordine o comunque a qualcuno che possa intervenire prima che sia troppo tardi.

Le tecnologie disponibili sono ancora inadeguate, complicate e costose, l’unico percettore efficace al momento è ancora umano ma, come viene evidenziato ogni volta, le forze dell’ordine non sono presenti in modo capillare sul territorio.

Proponiamo allora una considerazione: gli operatori privati sul territorio sono circa 200.000, di cui 50.000 guardie giurate e 150.000 addetti ai servizi ausiliari alla sicurezza. Complessivamente, equivalgono gli organici della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri insieme (Dossier del Viminale del 2023) ma a loro differenza, non hanno incombenze amministrative o istituzionali e sono tutti impiegati in servizi operativi in ogni luogo frequentato da persone: supermercati, stazioni, musei, ospedali, uffici pubblici etc..

Il protocollo “Mille occhi sulla città” già definisce il coinvolgimento delle guardie giurate dipendenti dagli istituti di vigilanza per raccogliere i segnali di possibili attività criminose (un compito che, per la verità, era implicito sin dai tempi del TULPS del 1931) in chiave di partenariato pubblico/privato.

Analogamente, le stesse GPG e gli operatori ausiliari non potrebbero diventare percettori di segnali anche deboli di possibili violenze da trasmettere alle forze dell’ordine, previo opportuno addestramento specifico e un’adeguata campagna di comunicazione governativa?

Non potrebbe essere questa una modalità semplice, economica e concreta tra le tante possibili per dare alle donne un altro punto di riferimento diffuso e facile da raggiungere?
E non servirebbe anche a far recuperare fiducia e credibilità presso l’opinione pubblica a tutto il comparto, che ne ha tanto bisogno?

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