Videosorveglianza, riconoscimento facciale e cybersecurity, che sia l’ora della consapevolezza?

Editoriale di essecome online n. 2/2021

Fin dall’inizio della pandemia nel 2020, era stata prevista un’impennata degli attacchi ai sistemi informatici delle organizzazioni, costrette a far lavorare da casa i propri dipendenti con i dispositivi personali connessi alle reti aziendali.
Puntualmente, si sono spalancate praterie per tutti i corsari del web, dalle bande a caccia di riscatti agli hacker in cerca di scalpi illustri, dal momento che erano ben poche le strutture preparate ad affrontare una situazione simile perché, come tutti sanno, la sicurezza costa, rallenta i processi, richiede impegno e “tanto, a noi non succede”.

Tra quelli colpiti e chi ha visto colpire il vicino, forse il lato positivo di quest’altro genere di pandemia è stato l’aumento della consapevolezza di essere tutti esposti ai rischi cibernetici, anche perché il primo passo per proteggere le aziende è stata la formazione accelerata sulle cose da fare e da non fare quando si usano pc e tablet personali per lavorare da casa.
Adesso, sarebbe utile che il secondo passo fosse una maggiore attenzione verso l’ambiente in cui viviamo, sempre più imbottito di oggetti connessi e, quindi, esposti alle minacce informatiche attraverso i rispettivi indirizzi IP.
Ad esempio, quanti sanno che i dispositivi domotici che rendono più comoda la vita in casa possono diventare altrettanti comodi “cavallini di troia” per spiare le nostre abitudini, per mettere fuori uso l’antifurto o, magari, per arrivare al tablet con il quale (anche) lavoriamo, se non sono stati progettati e messi in servizio in modo da offrire almeno un livello minimo di sicurezza?

E nel momento in cui anche l’opinione pubblica sembra stia comprendendo quanto siano pericolose per la privacy le tecnologie per il riconoscimento facciale, quanti sanno che, se i sistemi di videosorveglianza per il controllo degli spazi pubblici, delle infrastrutture critiche, degli obiettivi sensibili non sono sicuri, qualcuno potrebbe attaccarli per dirottare le immagini per cercare chi gli interessa con un bel software di analisi video, in diretta o in differita a proprio piacimento?

All’inizio del 2021, il Consiglio d’Europa ha (finalmente) adottato delle linee guida che dovrebbero regolamentare il riconoscimento facciale (leggi la newsletter del Garante Privacy), rivolte ai governi, alle amministrazioni pubbliche e private ed ai loro fornitori.
Nelle intenzioni degli estensori, queste linee dovrebbero orientare l’utilizzo delle tecnologie nel rispetto dei diritti civili, regolandone l’impiego in base ai principi della necessità e della proporzionalità.

Questo è bene, ma si deve sperare che, quando si passerà dalle linee guida ai regolamenti attuativi, i normatori europei e nazionali si ricordino del problema della sicurezza delle telecamere, per evitare di rendere drammaticamente inutile tutto il lavoro fatto per tutelare la libertà delle persone.
In altre parole, sarebbe meglio accertarsi che la casa abbia il tetto prima di chiudere la porta.

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